Edward Bach  

Cenni su Edward Bach

La vita

Edward Bach nasce il 24 settembre di 1886 a Moseley, un paese nel Warwickshire, in Inghilterra, da una famiglia di origine gallese. Il padre era proprietario di una fonderia; Edward Bach fin da bambino si mostra sensibile alla sofferenza altrui e a 8 anni manifesta il desiderio di diventare medico. Durante la sua adolescenza lavora nella fabbrica del padre, ma intorno ai vent’anni decide di realizzare il suo sogno e, nel 1912, si laurea in Medicina a Londra, dove inizia  praticare la professione. Dedito al lavoro e alla cura dei suoi pazienti, osserva presto come le terapie tradizionali siano spesso dolorose e fonte di sofferenza per i malati. Si specializza in Batteriologia ed esegue le sue ricerche in una laboratorio di Londra. Nel contempo si avvicina all’omeopatia, trovando nei testi di Hahnemann una conferma circa l’importanza di destinare alla persona più che alla malattia o al sintomo la maggior parte delle attenzioni. Fulcro della cura diventa l’analisi dei sintomi mentali. Nel 1917 gli viene affidato un intero ospedale e, in quello stesso anno, muore la sua giovane moglie. In seguito a questo lutto si ammala e gli viene diagnosticato un tumore alla milza. La prognosi è grave: tre mesi di vita. Non si perde d’animo e si mette al lavoro ancora più alacremente, vuole trovare dei rimedi curativi che agiscano dolcemente  armonizzando la persona nel suo insieme. Dopo mesi di studi e ricerche dedite a questo scopo si ritrova guarito, e inizia a chiedersi quanto lo stato d’animo sia importante sulla via della guarigione.

Prepara sette nosodi diluiti omeopaticamente che trovano buoni riscontri terapeutici e vengono accettati dalla classe medica. Sono rimedi capaci di entrare in relazione con la personalità del soggetto che andranno a curare. Ormai è certo dell’influenza della psiche sulle condizioni di salute, ma non ostante il successo di questo tipo di cure non è soddisfatto. I nosodi derivano ancora da batteri intestinali, invece il suo intento è quello di giungere a rimedi puri. Così comincia a raccogliere erbe da analizzare in laboratorio; in particolare lo attrae lo studio dei fiori, quali massima espressione della forza vitale della pianta. Decide di fare un viaggio nelle campagne del Galles, di osservare e di sperimentare su di sé i primi rimedi floreali: Impatiens, Mimulus e Clematis. L’esperienza lo convince a lasciare definitivamente la Medicina fino ad allora praticata, per ricercare nuovi rimedi floreali. Abbandona fama e successo, lascia il suo studio a Londra, brucia i suoi lavori scientifici, distrugge le ampolle dei suoi nosodi liberandosi del passato e inizia una fase totalmente nuova della sua vita. Nel 1930 si trasferisce in Galles. Per un disguido, il baule contenente la strumentalizzazione di laboratorio viene perso e nella sua nuova casa arriva solo quello contenente vecchie scarpe. Interpreta l’accaduto come un’indicazione per la sua ricerca: non avrà più bisogno di altro strumento se non di se stesso. La scelta gli vale aspre critiche dalla classe medica avversa alla sua ricerca e alla sua nuova filosofia. Reagisce cancellandosi dall’ordine dei medici e facendosi chiamare erborista. Intanto la sua sensibilità si sviluppa progressivamente: arriva a riconoscere le proprietà di una pianta o di un fiore con il solo contatto della mano o della lingua. Così scopre i primi diciannove rimedi. Nora Weeks testimonia che durante la scoperta dei fiori Edward Bach sperimenta su se stesso i rimedi; inoltre cura decine di persone verificando le proprie intuizioni su malati che soffrono di ogni genere di disturbi. Infine, tra le migliaia di piante oggetto delle sue ricerche, ne sceglie solo 38 a crescita spontanea. Pubblica due libri: Guarisci te stesso e I dodici guaritori ed altri rimedi nei quali descrive semplicemente la sua nuova concezione di salute e malattia e le proprietà dei fiori.

Il 27 novembre 1936, Edward Bach muore nel sonno nella sua casa di Mount Vernon, Sotwell, Gran Bretagna, dove oggi opera il Centro di Bach, specializzato nella raccolta e nella preparazione dei fiori.

Se ne va felice, come confida ai suoi stretti collaboratori poco prima di morire, essendo al sua opera compiuta.

Il dottor Bach incontra per primo il fiore Impatiens, quello che rispecchia il suo tipo psicologico: è una persona essenziale e pratica la sua filosofia nel quotidiano, in prima persona. Fin dal principio è chiaro il suo intento, vuole trovare dei rimedi semplici e puri che possano sollevare le persone dalle loro sofferenze.

Quando nel 1912 si laurea in medicina, al momento di ricevere il diploma si dice abbia affermato: “Mi ci vorranno cinque anni per dimenticare tutto quello che mi è stato insegnato”. In realtà gli ci vorrà molto più tempo e passeranno diciotto anni prima di abbandonare definitivamente la Medicina “ortodossa”. La scoperta dei 38 rimedi gli richiede altri cinque anni. Dichiara che il suo metodo sarebbe stato completo quando avrebbe trovato tutti i rimedi di cui aveva bisogno, 38 preparazioni in tutto, con cui si potevano ottenere circa 293 milioni di combinazioni diverse, ma così semplici da preparare e da usare, che chiunque avrebbe potuto farlo.

Bach gode di notevole fama dopo la preparazione dei nosodi; ottiene grande considerazione dalla classe medica, sia dai colleghi ortodossi che da quelli omeopati. Ma ciò non basta a frenare la sua indole di ricercatore: trova un approccio completamente nuovo alla terapia. Spoglia l’esercizio della professione da tutto ciò che non è necessario, abbandona il laboratorio e la ricerca ortodossa, il metodo di preparazione omeopatica della succussione, rinuncia alla diagnosi dei sintomi fisici per concentrarsi unicamente sulla salute emotiva e spirituale dei pazienti.

Poco prima della sua morte allestisce un falò nel giardino di Mount Vernon, brucia molti dei suoi primi appunti perché non confondano le persone in futuro. Tutto quello che era necessario dire si trovava scritto nelle 32 pagine dei dodici guaritori.

Nella sua mente “il lavoro scartato, le teorie abbandonate, erano come un’impalcatura: utile mentre i muri venivano costruiti e il tetto veniva posato sulla sommità dell’edificio, ma ingombrante e inutile una volta che la casa era finita e le persone pronte ad abitarla”.

Nel 1936 qualcuno inizia a promuovere l’idea di combinare i 38 rimedi in un solo elisir e di risolvere così i problemi di tutti con una sola miscela, il dottor Bach aveva già messo alla prova tale idea e l’aveva abbandonata.

Un mese prima della sua morte scrive al suo amico Victor Bullen: “Penso che ora tu abbia visto ogni fase del lavoro(…)Il fatto che si verifichino dei tentativi di distorsione della nostra ricerca, costituisce prova del suo valore, perché la distorsione è un arma assai più potente del tentativo di distruzione”. Nella stessa lettera egli indica la strada che i suoi successori avrebbero dovuto seguire. “Il nostro lavoro consiste nell’aderire costantemente alla semplicità e alla purezza di questo metodo di guarigione” egli scrive, “e quando uscirà la prossima ristampa de I dodici guaritori dovremo fare un’introduzione più lunga, che confermi saldamente l’innocuità, la semplicità e i miracolosi poteri di guarigione dei rimedi”.

Nora Weeks e Victor Bullen promettono al dottor Bach che avrebbero fatto di tutto per tenere saldi quei valori. Il messaggio centrale del dottor Bach è che noi tutti siamo guaritori e chiunque può usare i rimedi, chiunque ha la possibilità di guarire e durante il processo di guarigione può trovare se stesso e farsi carico del proprio destino.

Il metodo dei 38 rimedi, secondo le parole di Bach “è un dono e non una creazione umana” e come tale andrebbe accolto: come un patrimonio universale.

Una sensibilità superiore

Se oggi Edward Bach fosse tra noi, sarebbe interessante interrogarlo su quegli aspetti su cui Nora Weeks stranamente tace (la famiglia, le due moglie, la figlia) ma probabilmente non si arriverebbe a molto. Forse sulla vita privata di Bach non c’è molto da aggiungere.

Ciononostante. Un capitolo della sua storia è essenziale per poter comprendere i trentotto rimedi che ha elaborato. Gli eventi che nel 1930 lo indussero a lasciare Londra e a ricercare nuovi rimedi erboristici sono determinanti per poter capire sia l’uomo sia il suo processo di scoperta; questo ci consente di comprendere meglio i fiori. Edward Bach terminò gli studi di medicina nel 1912, all’età di ventisei anni. L’anno seguente lavorò in un pronto soccorso, immerso nella dimensione più concreta della medicina: occupandosi dell’aspetto fisico dei problemi, ago e bisturi restano strumenti di emergenza, incidere il corpo fisico è il tipo d’intervento medico più rozzo. Bach passò ben presto a strategie terapeutiche più sottili e cominciò a lavorare quale batteriologo in un laboratorio. Le sue ricerche riguardavano, in particolare, la tossiemia intestinale e favoriscono lo sviluppo dei vaccini, una terapia nuova e popolare a quel tempo.

Bach nacque nel 1886, poco dopo la messa a punto del vaccino contro la rabbia da parte di Pasteur. Alla fine del diciannovesimo secolo erano convinti che i vaccini e l’immunologia rappresentassero la soluzione per poter garantire la salute del mondo intero, nonché il futuro della medicina.

Sappiamo da Nora Weeks che Bach era deciso a diventare medico sin da bambino. Che cosa avrebbe potuto ispirarlo di più in tal senso, se non l’operato di Pasteur, di Koch e dei loro colleghi? Il batteriologo tedesco Robert Koch aveva isolato l’agente responsabile dell’antrace nel 1876 e il bacillo della tubercolosi nel 1882, per poi dedicarsi allo studio di colera, peste bovina e malaria. Le sue ricerche consentirono di studiare e trattare in modo nuovo malattie contagiose quali il tifo, la difterite e la poliomielite. Sembrò che i microbi fossero i veri nemici della salute dell’uomo. In quest’ottica il campo di battaglia diventava la cellula, che aveva i suoi alleati ma anche i suoi nemici: le potenti armate di fagociti e i pericolosi germi infettivi.

 L’immunologia si fonda su un principio incredibilmente semplice: il corpo possiede un sistema di difesa, il sistema immunitario, che aggredisce gli agenti patogeni. I potenziali microorganismi, virus o batteri possono essere isolati, sottoposti a coltura, inattivato e iniettato nel sangue di un animale o dell’uomo. Il sistema immunitario interpreta il “ vaccino ” come un agente straneo e inizia a produrre anticorpi per difendersi.

Avvicinatosi alla disciplina in qualità di neolaureato, Bach si consigliò con i colleghi e i docenti per capire quale orientamento scegliere. A quel tempo esisteva la possibilità di scoprire nuovi vaccini, a cui dare il proprio nome, ed è quello che accade a Bach: egli scoprì i nosodi di Bach.

Nel 1919 Bach iniziò a lavorare al London Homoeopathic Hospital. La lettura delle opere di Hahnemann e il contatto con i medici omeopatici dell’ospedale indirizzarono le sue ricerche altrove, lasciando la siringa ipodermica per utilizzare metodi omeopatici realizzando vaccini in compresse, per uso orale. Ancora una volta, Bach si stava orientando su forme terapeutiche più sottili, meno dannose per la persona.

Nel 1918 la peggiore epidemia d’influenza della storia aveva ucciso più di venti milioni di persone nel mondo. In Inghilterra e nel Galles si registrarono duecentomila morti. I vaccini sembravano rappresentare l’unica vera prospettiva in campo terapeutico e profilattico. Bach “fu ufficiosamente autorizzato a inoculare i suoi vaccini alle truppe (britanniche) di alcuni accampamenti in patria, salvando in tal modo molte vite. L’epidemia, aveva confermato il principio della vaccinoterapia e, nel contempo, sollevato un interrogativo: che cosa predispone un individuo alla malattia? Perché, se tanti ne venivano contagiati, alcuni restavano sani?

Bach si pose sicuramente queste domande. Dall’esperienza clinica sapeva già che i pazienti di un reparto affetti dalla stessa patologia reagivano emotivamente in modo diverso nei confronti sia di se stessi sia della loro condizione. Il fatto che l’omeopatia tenesse in grande considerazione lo stato d’animo del paziente apparve ancora una volta a Bach come una prospettiva interessante, poiché offriva un quadro più completo delle condizioni di salute e di malattia dell’uomo.

Negli anni venti Bach ottenne sempre più successi. Insieme a Charles E. Wheeler scrisse un libro, Chronic Disease, a working hypothesis, in cui descrisse la vaccinoterapia e –fatto particolarmente significativo- suggerì una dieta a base di cibi crudi quale coadiuvante nella terapia del cancro. Siamo nel 1925. Bach era giunto alla conclusione che la dieta fosse un fattore essenziale dell’equazione, dato che influenzava il pH (acidità) dell’intestino e, pertanto, la popolazione batterica del colon.

Bach che passava la vita a esaminare tamponi fecali e colture batteriche, fu successivamente attratto dai fiori proprio a causa delle loro proprietà salutari e terapeutiche. Tempo dopo avrebbe espresso il desiderio di lavorare, non con il prodotto della malattia, ma con i “rimedi dei prati e della natura”.

Studi recenti sulla dieta hanno confermato quelli ottenuti da Bach settant’anni fa. Quelli che il medico chiama “errori alimentari” sono responsabili di molteplici disturbi: se mangiamo male, ci priviamo di sostanze necessarie alla nostra salute, nonché alla sopravvivenza dei batteri che garantiscono una buona funzione e un efficace mantenimento dei tessuti dell’intestino. Una dieta inadeguata stimola la proliferazione di batteri in grado di produrre tossine, assorbite dalle pareti dell’intestino. Inoltre, le tossine prodotte dagli alimenti sbagliati, soprattutto dalla carne cotta, avvelenano l’organismo. Secondo Bach il problema riguardava, in particolare, l’equilibrio acido- alcalino delle feci nel colon, che a suo parere dovevano essere acide. Un pH alcalino o neutro favoriva la crescita di una flora batterica dannosa. Tale disturbo è quasi sempre cronico, causato da abitudini alimentari scorrette, protratte nel tempo, presumibilmente dalla infanzia.

Qual è, dunque, per Bach una dieta sana? Fondamentali, a suo parere, sono gli alimenti crudi, da consumarsi in grande quantità: frutta, noci, cereali e verdure. Importante, evitare i cibi conservati. Scopo di un simile regime alimentare sarebbe quello di ottenere feci di colore giallo chiaro, inodori e indicative di un colon in buona salute, evitando che siano scure e maleodoranti, come in presenza di un intestino intossicato, in cui si manifestano processi di putrefazione. Tali problemi si associano a una chiara sintomatologia: cefalea, stanchezza, affaticamento e ansia. La tossiemia intestinale “compromette in modo graduale e insidioso la vitalità dell’individuo e lo rende sempre più predisposto alle malattie acute e croniche”.

Bach aveva osservato la presenza di tipi caratteristici, sia fisici sia mentali, corrispondenti a ognuno dei sette vaccini, appare già orientato a un metodo di lavoro che consideri l’individuo più che i dati di laboratorio. Bach annotava le sue osservazioni; l’associazione tra personalità e alcuni fattori fisici che predispongono alla malattia. Voleva conoscere la persona nel suo insieme, i vari fattori che ne influenzavano la salute e, soprattutto, la causa della malattia. Visto che si occupava di malati cronici, notò che le patologie del corpo fisico si manifestavano spesso in seguito a un lungo processo. E così Bach spiegò:

La ragione principale del fallimento della scienza medica moderna sta nel fatto che considera i risultati, non le cause. Per molti secoli la vera natura della malattia è stata contraddistinta dal materialismo, e pertanto la malattia stessa ha avuto ampio modo di aumentare le sue devastazioni, visto che non è stata aggredita all’origine. È come un nemico ben fortificato sui monti, che continua ad effettuare azioni di guerriglia nelle terre sottostanti mentre la gente, ignorando la guarnigione fortificata, si accontenta di riparare le case danneggiate e di seppellire i morti dopo le razzie dei predoni. Questa è, generalmente parlando, la situazione attuale della medicina: ripara i danni e sotterra i corpi dei caduti, senza pensare minimamente al vero caposaldo.

Guarisci te stesso; Libera te stesso

Il primo libro che scrisse Bach fu Heal Thyself, è una sfida, a patire dal titolo. Non si può non notare lo stile messianico. È una discussione a favore dell’Anima, del Sé superiore, dell’Unità e del Creatore Divino. Il messaggio è inequivocabile. Bach gridava a gran voce la sua verità: credete in una realtà più profonda rispetto al materialismo dilagante del momento. Con questa opera egli abbandonò ogni timore e uscì allo scoperto, rivelandosi un uomo di fede a contatto con la dimensione spirituale della terra. Testo ricco d’informazioni su Bach, poiché è una dichiarazione di fede, un ritratto dell’autore stesso, della vita e del mondo in cui viveva. Senza ambiguità egli afferma che la malattia ha un significato e che ognuno di noi ha la possibilità di valutare con attenzione la propria vita per tentare di scoprirne il senso. Per Bach era importante soprattutto essere se stessi, senza lasciarsi dominare dagli altri in modo da potere scoprire la propria vocazione e seguirla a qualsiasi costo. Se assecondiamo il nostro cuore, il nostro Sé Superiore o Anima, come direbbe Bach, non ci possiamo sbagliare.

Egli immaginava che in un futuro l’uomo sarebbe potuto giungere a capire la vita attraverso la conoscenza del male e della malattia.

Così come aveva individuato in Impatiens il suo rimedio, il medico comprese che il senso della sua vita era conoscere “le vere cause e la cura della malattia”.

Bach suggeriva che , per poter capire la malattia, si dovesse innanzitutto capire la natura della vita umana:

Per capire la malattia, il suo scopo, la sua natura, la sua cura, dobbiamo comprendere la ragione del nostro essere  e le leggi del Creatore  che ci riguardano. È essenziale rendersi conto che l’uomo ha due aspetti, uno fisico e l’altro spirituale, e che quello fisico è di gran lunga meno importante. Guidato dal Sé Spirituale, dalla Vita Immortale, l’Uomo nasce per acquisire conoscenza ed esperienza e per perfezionarsi quale essere fisico”.

In seguito, afferma che dobbiamo dire “sì” alle lezioni della vita, dato che apprenderle fa parte dello scopo della nostra esistenza:

“… apprendiamo lentamente, una lezione per volta, ma se vogliamo essere sani e felici, dobbiamo imparare la lezione specifica che il nostro sé spirituale ci vuole impartire. Non apprendiamo tutti la stessa lezione nello stesso momento. Una è vincere l’orgoglio, un’altra la paura, un’altra ancora l’odio e così via, ma l’elemento fondamentale per la salute è imparare la lezione predisposta per noi.”

Quindi affronta il tema della malattia:

La malattia è il frutto di un conflitto in cui la personalità si rifiuta di obbedire ai dettami dell’anima, in cui c’è disarmonia, malessere, tra il Sé Superiore o Spirituale e la personalità inferiore, ossia noi così come ci conosciamo”.

Il medico, afferma Bach, deve riconoscere segni e sintomi di tale disarmonia. In ordine alla lezioni di vita che ci causa problemi aggiunge:

… per tanto, sul piano fisico, si sviluppa una mentalità precisa, che ha effetti sia sul paziente sia su quanti gli sono legati. Proprio questa mentalità consente al medico di capire la causa vera, fondamentale, del problema del paziente e gli suggerisce la chiave per una terapia di successo”.

La ragione della malattia”, prosegue Bach, “è quella di indurci a smettere di compiere azioni sbagliate”:

“Perciò, la malattia ci viene inviata per stimolare la nostra evoluzione. Per quanto crudele ci possa sembrare nella nostra visione ristretta, è in realtà di per sé benefica. È il metodo adottato dalla nostra Anima, che ci ama paternamente, per condurci sulla via della comprensione”.

Tesi che causò sicuramente un certo scompiglio, Bach, in realtà, nuotava controcorrente.

Egli considerava, per esempio, la vivisezione come una procedura traviata: a suo giudizio l’”innesto di ghiandole” rientrava nelle pratiche di magia nera: “Diecimila volte peggio di qualsiasi pestilenza, perché è un peccato contro Dio, gli uomini e gli animali”.

Bach evitò di criticare apertamente i suoi contemporanei, ma sostenne l’arte della guarigione dell’antica India, tanto avanzata da riuscire a fare a meno della chirurgia.

Bach non è un eroe solo per aver saputo affrontare a testa alta la malattia e la morte, ma fu un uomo capace di mettere in pratica le sue convinzioni.

Bach aveva uno spasmodico bisogno di condividere la sua teoria, secondo cui la nostra vera vita non è circoscritta al corpo fisico che possediamo sulla terra. Esso è solo un mezzo e, malgrado vada trattato con cura, non è importante se paragonato all’anima, l’entità “sovrafisica” che ci compone. Se comprendiamo con esattezza lo scopo della nostra vita, ascoltando la nostra anima, la malattia non ha motivo d’essere, essa si manifesta per indicarci che stiamo procedendo per una via sbagliata. Il nostro fine,come quello di tutte le forme di vita, è evolvere.

Ciò significa che dobbiamo valutare le nostre potenzialità e cogliere qualsiasi possibilità. Non si tratta di una semplice evoluzione del corpo fisico, ma dell’evoluzione del nostro Sé Superiore o coscienza spirituale, che si sviluppa solo attraverso la fatica dell’apprendimento e il superamento delle difficoltà.

Se rifiutiamo gli insegnamenti che la vita ci vuole impartire, ripudiamo i doni dell’esistenza. La nostra anima ci indicherà il modo migliore per continuare ad apprendere a crescere. Se ancora non l’ascoltiamo, dovrà irrompere nel mondo fisico: a questo punto sorge la malattia, “ la fase terminale di un disturbo molto più profondo”.

Bach afferma, addirittura, che la parte colpita sia indicativa dell’errore da capire e soppesare.

È perciò plausibile che, malato di cancro all’età di trent’anni, Bach abbia ricevuto la possibilità di cambiare la sua vita. Lavorando con entusiasmo per seguire e rispettare il suo destino, per rispondere alla chiamata della sua anima, egli riuscì a tenere la malattia sotto controllo o, per meglio dire, in remissione, fino ad ultimare il suo compito.

La paura, il materialismo, la malattia moderna della noia, l’amore per se stessi, i piaceri terreni, la sensualità, la rassegnazione, la finzione, la schiavizzazione, l’orgoglio, la crudeltà, l’odio, l’ignoranza, l’instabilità e l’avidità: queste e altre furono individuate da Bach quali “le vere malattie primitive dell’uomo”, i sintomi del conflitto che egli riteneva “nocivo per l’Unità”, dalla quale veniamo e alla quale torniamo.

Ogni individuo viene al mondo con una lezione specifica da imparare. Una lezione dell’anima, che consente di trascendere i limiti di una specifica condizione emozionale e di sviluppare la virtù positiva ad essa associata.

Bach considera irrefutabile il principio secondo cui “la mente debba essere guarita per prima, poi seguirà anche il corpo”.

Per quanto riguardava i medici, secondo Bach, lo avrebbero dovuto imparare a conoscersi e ad ascoltare la voce dell’anima prima di cercare di aiutare i pazienti e, soprattutto, prima di tentare di correggere le mancanze spirituali. Bach dichiarò che l’obbiettivo principale dello studio era la comprensione della natura umana e della dimensione divina dell’uomo.

Così si espresse in ordine alla sua formazione:

Il modo per prepararsi a svolgere questo lavoro è perseguire una gentilezza sublime… Il massimo che possiamo fare, quando possediamo un po’ più di conoscenza e di esperienza rispetto ad un fratello minore, è guidarlo con grande delicatezza. Se ascolterà, tutto andrà bene; in caso contrario, dobbiamo attendere con pazienza finché non acquisisca la maggiore esperienza che gli consenta di vedere il suo errore; a quel punto potrebbe tornare da noi.”.

Dovremmo cercare di essere gentili, sereni, pazienti e prodighi d’aiuto, passando tra i nostri simili come una brezza o un raggio di sole, sempre pronti ad aiutarli quando chiedono, ma senza mai costringerli ad accettare le nostre idee.

Nora Weeks ci racconta che verso il 1936 Bach distrusse tutte le prime versioni delle sue opere, in un falò in giardino a Mount Vernon. Fu un gesto strano, che ci ha impedito di capire con esattezza l’iter delle sue scoperte. Scrisse molte lettere risalenti ai suoi ultimi anni di vita. Tali lettere rivelano la ferma convinzione che caratterizzò l’ultimo periodo della sua esistenza, permeato da un senso di rivelazione divina e di autoconsapevolezza. In un passo egli scrive: “TUTTA LA VERA CONOSCENZA PROVIENE SOLO DA NOI STESSI, in comunicazione silenziosa con la nostra anima”.

Bach iniziò a pensare di distribuire pubblicamente i suoi rimedi nel 1932. In Free Thyself, versione più chiara e meglio articolata di Heal Thyself, fece alcune osservazioni chiave sulla possibilità che abbiamo di aiutarci da soli, senza supervisione medica, e di prendere parte al processo glorioso di guarigione e di aiuto reciproco:

Se incontraste difficoltà nel scegliere il vostro rimedio, chiedetevi quali virtù ammiriate maggiormente negli altri…Siamo tutti guaritori, e con l’amore e la compassione nel cuore siamo anche capaci di aiutare chiunque desideri veramente la salute.”

La nostra malattia fisica è assolutamente irrilevante”.

Una scritta in ottobre, un mese prima che Bach morisse, illustrava chiaramente il suo progetto:

“Cari amici,

sarebbe meraviglioso formare una piccola Confraternita priva di ranghi e di incarichi, in cui nessuno sia superiore o inferiore agli altri, che osservi i seguenti principi:

  1. Ci è stato rivelato un Sistema di Guarigione di cui a memoria d’uomo non si aveva conoscenza; grazie alla semplicità dei Rimedi Fitoterapici possiamo procedere con la certezza, la certezza assoluta, che questi abbiano la forza di sconfiggere la malattia.
  2. Non dobbiamo mai criticare né condannare i pensieri, le opinioni né le idee altrui, ma ricordare che ogni uomo è figlio di Dio, e cerca a suo modo di trovare la gloria del Padre. Dobbiamo, da un lato, determinarci, come i cavalieri del passato, a sconfiggere il drago della paura, sapendo di non dover mai pronunciare alcuna parola di scoraggiamento, dall’altro, possiamo portare SPERANZA, sì, e soprattutto, CERTEZZA a quanti soffrono.
  3. Non dobbiamo mai farci rapire dagli encomi e dal successo che incontriamo nella nostra Missione, sapendo che non siamo altro che Messaggeri della Grande Forza.
  4. Quanto più conquistiamo la fiducia degli altri, tanto più dichiariamo loro di credere nel fatto di essere agenti divini mandati a soccorrerli nel bisogno.
  5. Quando le persone si rimettono in salute, dobbiamo ricordare che le erbe del campo che le stanno guarendo sono un dono della Natura, che è dono di Dio. Pertanto, dobbiamo ricondurle a credere all’AMORE, all’PIETA’, alla COMPASSIONE affettuosa e alla FORZA ONNIPOTENTE DEL PiU’ ALTO”.

Il metodo di Bach

L’elemento centrale del metodo di Bach è la personalità del paziente. I rimedi devono essere prescritti in base allo stato d’animo, al temperamento e alla personalità dell’individuo interessato, non in base ai sintomi.

Il dottor Bach credeva infatti che la cattiva salute fosse conseguenza di uno squilibrio venutosi a creare nella psiche o nella personalità. Per migliorare le condizioni fisiche sarà necessario, quindi, curare la mente o lo stato d’animo. Anche la medicina ufficiale ha recepito questa scoperta: è noto che la tensione, le preoccupazioni e lo stress in generale possono causare una serie di disturbi diversi. Tutti abbiamo i nostri “talloni d’Achille”, in alcuni lo stress e la tensione provocano l’emicrania, in altri l’asma, in altri ancora problemi di digestione o eruzioni cutanee e, sebbene tutti sappiamo essere portati a soffrire di particolari disturbi, ce ne rendiamo effettivamente conto soltanto quando lo stress, la tensione o l’ansia li fanno peggiorare vistosamente.

Dobbiamo considerare l’individuo nei suoi vari aspetti, tenendo conto della personalità , dello stile di vita e delle reazioni emotive. Solo così è possibile identificare la vera causa del suo problema e somministrare una cura efficace. Ogni qualvolta ve ne sia la necessità o vi sia motivo di pensare che si tratti di qualcosa di grave, i rimedi del dottor Bach non possono sostituire le cure mediche.

Comunque, indipendentemente dai sintomi, è fuori di dubbio che la preoccupazione, la paura, la depressione, l’autocommiserazione e altre emozioni negative che spesso accompagnano la malattia ostacolano la guarigione e prolungano la convalescenza.

 

 

 

 

Contatti

ilcerchiodeifioridibach/la curandera calle Juan II de Aragon 9A, 3° A
50009 Zaragoza (Spagna)
0034 611429772 juliapulido64@gmail.com